martedì 4 marzo 2014

Europa! Europa! di Anna Manna

Europa! Europa!
di Anna Manna

Che sapore ha per tutti noi questa esclamazione?
Sarebbe importante capire se tutti noi, cioè gli europei, abbiamo questo nome soltanto scritto nelle carte, oppure qualche traccia anche nel cuore.

Perché sarà banale, sarà antiquato, sarà un’essenza di cui si è persa la dose, ma insomma se non c’ è traccia nel cuore, nell’anima, nella psiche, insomma in quello scrigno di emozioni sensazioni palpitazioni e quant’altro, che ancora sconosciuto ed inafferrabile abbiamo dentro il petto, ebbene se è soltanto un documento, una linea nera d’inchiostro su qualche foglio bianco, non si avanza più di tanto. Pare che in tutte le cose della vita se c’è sentimento tutto diventi di un sapore più gradevole, e se il sapore non è gradevole, la pillola comunque va giù se scivola insieme a qualche traccia di sentimento.

Certo il sentimento dell’Europa è cosa un tantinello strana!

Non abbiamo fatto in tempo ad innamorarci dell’Europa.

E poi ci è caduta in testa con uno strascico di problemi, di contraddizioni, di confusione.

Ma adesso è ora di presentarci all’Europa e l’Europa si presenti a noi in tutte le sue potenzialità.
Che sono molte. E non soltanto di difesa. Che non si può vivere solo in difesa.
In ogni partita che si rispetti c’è anche l’attacco!

Ma sembriamo come immobilizzati, incapaci, alienati dall’attacco alle potenzialità di questa cosa nuova e sconosciuta che è l’Europa.

Diciamoci la verità: non è tanto simpatico che ci siano giacenze nei fondi europei destinati all’Italia. Ma dove sono i progettisti in Italia?

A lamentarsi che non ci sono soldi qui o là, a preoccuparsi del futuro, a piangere sui giorni che verranno.

Allora: non serve a niente soffrire e basta. Soffriamo di meno ed agiamo di più!

Certo ci vuole una buona dose di speranza, l’energia di andare a studiare le regole e i dettami di una nuova organizzazione di vita, ma insomma se mille garibaldini fecero l’Italia ci saranno mille intellettuali capaci di fare l’Europa!

Perché quella che è necessario creare è proprio l’Europa della cultura. I politici nel Parlamento europeo hanno difeso la cultura, sono stati stanziati molti soldi per Europa Creativa, il programma culturale dell’Europa dal 2104 al 2020.

Ed allora coraggio, cerchiamo di capire che non si tratta solo di prendere soldi, ma di imbastire il futuro dei nostri giovani, dei nostri figli. L’Europa è come un grande castello vuoto: dobbiamo costruire i corridoi per andare da un piano all’altro, dobbiamo allacciare fili, rapporti, legami, ascensori, dobbiamo creare lavoro, progetti che possano renderci buoni vicini di casa, capaci di dialogare, di scambiarci opinioni, di lanciare un prodotto Made in Europa.

L’Europa deve diventare un marchio di qualità, di democrazia, di civiltà.
Gli ingredienti ci sono tutti, anche le belle intelligenze, ma manca qualcosa: il sentimento di un futuro europeo.

Ma questo deriva dal fatto che alla costruzione dell’Europa non hanno partecipato gli artisti, gli intellettuali, le personalità del mondo accademico, gli scrittori, i poeti.
L’Italia nacque anche sulle poesie delle poetesse del Risorgimento, sui sentimenti degli italiani.

Adesso è tutto troppo piatto, pianificato ma manca il mordente. Dobbiamo metterci il cuore, la mente e la psiche. Dobbiamo svegliare gli europei, farli sentire cittadini di una stesso suolo e di una stessa economia. Che non deve creare parenti ricchi e parenti poveri.

Ma che deve poggiare la sua esistenza sulle capacità e potenzialità di tutti gli europei.
Parole vuote? Utopie?

Ma intanto i mesi passano ed i soldi dei fondi europei restano in giacenza!
Quei soldi che ci potrebbero permettere tante cose: raddrizzare i dialoghi interrotti tra la cultura ed il mondo del lavoro, dare nuova linfa e nuova speranza ai giovani, esprimere tutte le potenzialità del turismo, dell’arte, della moda, del cinema, delle nuove tecnologie.

Ed allora coraggio, andiamo ad informarci presso l’Agenzia che è stata appositamente creata, cerchiamo nel web Agenzia Europa Creativa. Si apre un mondo di potenzialità. Imbocchiamo questa strada costruttiva, riprendiamoci i soldi che abbiamo versato per fare l’Europa ma riprendiamoli con i fondi per costruire l’Europa, per farla somigliare a quella casa che vorremmo abitare.

Il futuro dell’Europa ci appartiene se ci impegniamo a costruirla secondo i nostri criteri, se la cultura italiana sarà capace di segnare una strada nuova nel suolo europeo. Una strada che sappia riconoscere i nostri valori culturali, il nostro inestimabile patrimonio culturale, i nostri giovani artisti, scrittori, poeti. Se l’educazione alla civiltà, al sentimento invece di nascondersi dietro una siepe di ironia, saprà diventare canone di comportamento. Quel canone europeo che il Prof. Roberto Nicolai, Preside della Facoltà di Lettere e filosofia, auspica nei suoi interventi.
Servono idee, progetti, impegno perché solo così la cultura può diventare impresa. Serve fiducia, speranza, vigore. Il tempo dell’attesa deve diventare tempo di preparazione.
E’ vero che al seminatore non sempre è dato di vedere e godere i frutti che ha seminato.
Ma abbiamo il dovere come genitori e come tutte le generazioni passate di costruire un mondo vivibile per quelli che verranno.

I politici hanno fatto la loro parte, i soldi per costruire l’Europa della cultura li hanno stanziati, ora tocca agli intellettuali, agli operatori culturali, alle persone di cultura capire che non si tratta solo di un atteggiamento, di un’etichetta, di un lustro, di una medaglia.
La cultura è azione, gesto, costruzione, per l’appunto … coltivazione.

Servono mille persone di cultura per fare l’Europa della cultura, ma queste persone non debbono perdere tempo ad autocelebrarsi, a parlare tra loro in circoli chiusi, a mettersi etichette o nastrini per delimitare il dialogo.

Multidisciplinarietà, implementazione del pubblico, educazione alla cultura. In fondo sono tutte cose che sappiamo da tanto tempo.

Ora è il momento di uscire allo scoperto. E via non possiamo restare a guardare lo sgretolamento di quello che è stato fatto.

Senza rimboccarci le maniche per noi, il nostro bene, il bene degli anni futuri. Proviamo a dare vita a questo castello in ombra, silenzioso e senza canti. Forse non è un castello fatato, o una favola per ingenui, forse è un’astronave per il futuro.
Basta dare il giusto propellente e sarà capace di prendere il volo.

NOTA
Il testo appare con il titolo Mille intellettuali per fare l’Europa? nel sito che invitiamo a visitare: