mercoledì 5 gennaio 2011

A proposito di alieni e giustizia


A proposito di alieni e giustizia
Giovanni Pistoia

A me piace pensare che Minisci e Badolati quando hanno deciso di scrivere un libro sulla giustizia italiana abbiano avuto come riferimento i giovani più che gli alieni. Pensare che un alieno, proveniente da un mondo evoluto e lontano da noi, decida di venire a verificare come funzioni il sistema giudiziario in Italia è davvero paradossale. Ma è un paradosso cercato, perché credo ci sia tanto di paradossale nei dibattiti su come è amministrata la giustizia nella Patria del diritto.

L’Italia è un Paese dalla giustizia negata. Una catastrofe per le vittime dei reati e, spesso, per gli stessi imputati (non mi riferisco a chi, criminale incallito o professionista del crimine, trova giovamento dall’incertezza della pena e dal sistema giudiziario inefficiente e più che precario).
Un sistema giudiziario definito in tanti modi nel testo (La giustizia raccontata a un alieno). Il sistema giudiziario italiano versa “in una gravissima crisi di efficienza e di funzionalità, che si sta trasformando in crisi di credibilità della giustizia”, con procedure “farraginose”, nelle affermazioni di Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che firma la prefazione.
Giuseppe Maria Berruti, magistrato della Suprema Corte di Cassazione, nella breve introduzione parla di “irrazionalità”, “contraddizioni”, e afferma perentorio: “Al nostro sistema oramai manca addirittura l’ovvio. Mancano le precondizioni insomma, prima che le condizioni, del funzionamento”. Ma sono le ultime righe di Berruti che fanno meditare. Addirittura sembra necessario cercare un nuovo linguaggio, una nuova tecnica letteraria per parlare di un argomento come questo, che pare sfuggire agli schemi razionali accettati e riconosciuti. Nel senso che Minisci (sostituto procuratore) e Badolati (giornalista) per denunciare lo stato della giustizia (leggi, tribunali, processi, carceri, ecc. ) devono ricorrere a una specie di “libello”; adottare una sorta di “allungo poetico” per tentare di essere ascoltati, e si sono inventati la presenza di un alieno. Un alieno, che si rivela essere, con l’arrivo dell’alba, solo il frutto di un sogno o, meglio, di un incubo.
  

“Un sistema che più che un sogno, a volte sembra essere davvero un incubo”. Sono queste le ultime parole del libro. Un’amara, logica, conclusione di un lavoro, di indubbia valenza civile, che tratteggia i limiti macroscopici del sistema-giustizia nell’Italia del XXI secolo.
I temi trattati, certamente complessi, sono esposti con uno stile limpido e senza ambiguità lessicale. Il testo si legge con facilità. Tutto è presentato con grande semplicità che non rasenta il semplicismo. Ecco perché credo che gli autori abbiano pensato ai giovani nella stesura del volume. Perché soprattutto loro possano capire quale sia davvero lo stato delle cose e quali siano le proposte – perché nel libro le proposte non mancano – per modificare condizioni ormai inaccettabili.
È doveroso ricordare che si tratta di una raffigurazione della giustizia vista dalla parte di un pubblico ministero (il PM, per intenderci). Ma questo non è un limite. L’idea del racconto sta proprio in ciò: come un PM vede lo stato dell’amministrazione della giustizia ed espone le sue impressioni, anche con toni garbatamente polemici, al misterioso alieno. Bisogna ancora annotare che il racconto è puntuale, ricco di esempi pratici, paradossi tratti dalle carte processuali. Non un discorso ideologico o teorico sul sesso degli angeli. Il lettore potrà non essere d’accordo su alcune proposte ma dovrà, credo, prendere atto che così non si va da nessuna parte; si consegnerà del tutto il Paese alle organizzazioni criminali, che sono sempre più presenti e padroni del territorio. E non solo questo.
Per modificare le cose è indispensabile una grande volontà politica (affermazione banale, purtroppo inevitabile). E quella manca. Oltre la retorica sulla “lotta” alla criminalità, lo Stato, in verità, non fa “sistema” perché le regole siano rispettate e la criminalità distrutta. E un pugno di uomini coraggiosi, al posto giusto e al momento giusto, non può fare miracoli.

Qualche considerazione finale. Il Pm è il motore del sistema penale. Su questo magistrato si concentra l’attenzione della polemica politica. Non sono pochi coloro che pensano che accentri troppo potere. Niente è dato per sempre. Anche la figura del PM può e deve essere analizzata alla luce dell’esperienza e della realtà attuale. Quello che traspare, e sempre in modo più chiaro da consistenti schieramenti politici (e tanta ipocrisia in altri), è che si vuole buttare il bambino con tutta l’acqua. Costruire un Pm debole, docile, al servizio non della Legge, ma del potere politico. Perché la Legge sia sempre meno uguale per tutti. Perché la Magistratura tutta non sia indipendente e autonoma dal potere politico, bensì asservita a esso.
La giustizia, in Italia, cerca giustizia. Dall’ordinamento giudiziario a quello carcerario, dai codici ai processi niente è più difendibile. La bancarotta è totale. Un “disastro organizzativo e normativo”. Bisogna cambiare perché il Paese diventi un Paese davvero moderno e democratico. Per andare avanti e non per tentare, con la motivazione di rimuovere le macerie, derive autoritarie.

Una cosa è certa. L’alieno di Minisci e Badolati, preso atto delle cose sulla Terra, microcosmo Italia, non ritornerà mai più a farci visita. Ha detto che il suo viaggio è stato surreale. Ha detto che ha visto cose che “per noi sono impensabili”. Chi sa se ha lasciato l’indirizzo del suo pianeta!

Francesco Minisci
Arcangelo Badolati
La giustizia italiana raccontata a un alieno
Rubbettino 2010


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