sabato 4 dicembre 2010

Letterina a Babbo Natale


Letterina a Babbo Natale
Giovanni Pistoia
3 dicembre 2010

Caro Babbo Natale,

tu sei, lo sanno tutti, un vecchio saggio. Hai l’aria, a volte, un po’ birichina, fai, non sempre ma qualche volta sì, i dispettucci ai bambini: racconti loro che non porti regali, ma loro sanno che scherzi. E se i regali non arrivano non è certo per colpa tua. Con quel viso pacioccone, la folta barba bianca, sei rassicurante, sei un amico e un saggio. Insomma, per farla breve, hai tanta esperienza sulle spalle, conosci il mondo e le persone. Ed è per questo motivo che mi rivolgo a te per chiederti: ma che senso ha festeggiare il Natale?


No, amico mio, non sto scherzando. Luci e luminarie non mancano, e ve ne saranno ancora di più nei prossimi giorni, questo è vero; regali pure, anche di lusso per chi può permetterselo. Si andrà anche in vacanza in posti favolosi. Addobbi se ne vedono già tanti, in televisione c’è uno sfavillare di colori.
Alberi di Natale nelle piazze e nelle case. Alberi alti alti, altri più piccoli, ma tanti alberi.
Di presepi non se ne vedono molto in giro, forse perché di stalle e mangiatoie non se ne trovano più. Per non parlare di pecore, pastori, buoi e asinelli. No, a dire il vero, di asinelli ce ne siamo tanti, ma non abbiamo più quattro gambe, ce ne servono solo due. Ma, forse, non siamo adatti per riscaldare un bambino appena nato e infreddolito. Non siamo capaci, questa è la verità, di sostituirci all’asino originale. Di Giuseppe se ne parla sempre meno, la Madonna, anche se raramente, qualcuno la vede apparire: non ride mai, piange. Ed è il pianto di una Madre per i suoi bambini persi.
Già il bambino. Anzi, il Bambino.

Caro Babbo Natale, sugli alberi vedo appiccicato ogni cosa, ma un posticino per il Bambino non lo trovo mai. Era il cruccio di mia nonna, che, non sapendo cosa fare, pretendeva che sotto l’albero fosse disposta una piccola capanna con dentro un bel bambino con il viso roseo. Insomma l’albero contiene tutto, non il Bambino e, poi, diciamocelo francamente, un bambino che pende dall’albero non è una bella cosa.
Nel Presepe c’è sempre ma dal giorno di Natale, prima no. Come si può mettere il Bambinello nella capanna prima della nascita! Ma quando arriva Natale, è già passata la festa. E il Bambinello chi lo cura più.

Non vedi pure tu, caro il mio Babbo Natale, che del Bambinello se ne parla sempre di meno? A me pare un Natale senza Natale. Per questo, ti ho fatto all’inizio quella brutta domanda.

Credo, questo è il mio pensiero, ci vergogniamo un po’ di questo Bambinello. Lo sai perché? Come facciamo a festeggiare la sua nascita, a illuminare il mondo per il suo compleanno, per ringraziarlo del suo arrivo se, poi, noi dei bambini non ce ne frega un bel niente?

Continuano a morire a milioni di fame, ti rendi conto, di fame e di malattie. E per colpa di chi? Per colpa nostra. Bambini vengono sfruttati, torturati, violentati, uccisi, costretti a prostituirsi. E per colpa di chi? Per colpa nostra, di uomini adulti e maturi, che festeggiamo, che bella faccia tosta! l’arrivo del Bambinello per eccellenza.

Bambine e bambini, ragazze e ragazzi, che vengono strangolati, che spariscono nel nulla. Per colpa di chi? Ma di noi adulti, che ci prepariamo a fare l’albero di Natale, oppure il Presepe, a scambiarci anche gli auguri. Ma auguri per che cosa?

Che senso ha, caro Babbo Natale, festeggiare il Natale, se la cronaca è piena di bambine e bambini, che scompaiono rapiti da lupi cattivi, che non hanno più quattro zampe, ma due, proprio come noi uomini e donne. Chi si rende responsabile di crimini così atroci, tu pensi non festeggi il Natale? Lo festeggia, lo festeggiamo tutti. Ma che senso ha. Questo non è il Natale. È altra cosa, che non so come si chiami. Ecco perché il nostro ultimo pensiero è per quel Bambino, piccolo e potente, tanto da farci paura e che, quindi, preferiamo tenerlo nascosto. Non vogliamo che si lamenti, non vogliamo che ci disturbi.

E, invece, caro Babbo Natale, io vorrei che strillasse, strillasse così forte da scassarci la testa, da sconquassare il mondo, da spaccarci lo stomaco.

Caro Babbo Natale, io non so se tu hai la possibilità di incontrarlo, ma se lo vedi, se riesci a parlarci un poco, ecco questo ti chiedo in questa mia letterina: digli di venire, di presentarsi, e di mettersi a urlare come solo i bambini sanno fare, e di farlo subito, perché non c’è più tempo. Di gridare forte, perché qui siamo diventati tutti sordi, e tutti ciechi. Digli che qui, non aspettiamo trentatre anni per mettere in croce un bambino, ma che la croce la mettiamo subito.
Digli che qui ci sono mamme e papà, che sono in angoscia perché non hanno più notizie dei loro bambini spariti nel nulla. Digli, caro Babbo Natale, di farsi sentire.

Vogliamo sentire il suo pianto, umano e tenero, forte e terribile, perché ci ricordi che siamo ancora degli esseri umani, che conosciamo ancora la commozione e la pietà. Che il pianto di un bambino (e quella di una madre in pena) sa ancora smuovere quello che rimane delle nostre coscienze.

Ciao, Babbo Natale.

Con tanto affetto
Giovanni

Foto: il Presepe realizzato nel 1998 da Emanuele Luzzati per la città di Torino

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