mercoledì 6 ottobre 2010

LE STANZE DI LAVANDA di Ondine KHAYAT

"Nessuno potrà mai deportare i nostri pensieri"

Le stanze di lavanda di Ondine Khayat
Giovanni Pistoia


Come avresti amato il nonno! Era il libro più appassionante della biblioteca della vita. Possedeva una memoria prodigiosa, ricca di secoli, così quando rispondeva alle nostre domande, inglobava l’intero universo. Il suo innato senso di giustizia lo faceva agire con misura. Sapeva separare le onde di un mare agitato per filtrare tutte le pene del mondo. Si teneva ai margini di ogni problema e guardava l’orizzonte con fiducia. Le sue parole traboccavano di saggezza e di moderazione. Si innalzava ben sopra il vulcano, mentre noi ci lasciavamo trascinare dalla lava incandescente. Sulle nostre piaghe deponeva corone di fiori. Noi eravamo le gemme della vita, irrorate di saggezza e di gioia. Gemme d’improvviso strappate alla terra, che annaspavano disperatamente nel caos alla ricerca di un residuo di radice.

Louise, la protagonista del romanzo Le stanze di lavanda, racconta, racconta la sua storia, dolorosa e carica di umanità, profondamente fondata sulla disumanità degli uomini, perché il mondo sappia. Perché qualunque siano le proprie radici non vadano perdute. “Tendi l’orecchio al mondo, Joraya, e ascolta la storia dell’infanzia disfatta, che ha cercato tra le rovine il cammino della memoria.”


Ondine Khayat, l’autrice, è nata nel 1974 da madre francese e padre armeno. È il suo primo romanzo e trae ispirazione dalle memorie della nonna armena.

L’Armenia è nel cuore di Louise, che vive sulla propria pelle di ragazzina, insieme ai suoi affetti più cari, quella tragedia, non ancora ben conosciuta, del genocidio del popolo armeno. “Ignoravo, dice a un certo punto della storia l’autrice, che il genocidio degli armeni avrebbe fatto più di un milione di morti.”
Nel volume sono ben presenti le sofferenze, le deportazioni, le persecuzioni, gli stupri di un popolo colpevole di essere “una minoranza”.
Louise racconta la tragedia della sua famiglia, che viveva serenamente e tra gli agi a Marache, in Turchia. L’idolo della giovanissima protagonista è il nonno, che è la sua guida, il suo faro di saggezza. Un nonno, che le viene strappato in modo orrendo e continuerà a vivere nella ragazzina anche quando sarà una donna adulta, e lei stessa nonna. Un’infanzia dorata che finisce nel dramma. E sarà la sciagura dell’intera città e di tantissime famiglie. Una storia che è rappresentativa di altre storie.

Nel libro, il racconto di Louise prende il lettore, lo avvolge, lo rende partecipe. Vi sono pagine di una dolcezza infinita, che vengono subito imprigionate da altre di una durezza spietata. Un’atroce presa d’atto della bestialità dell’uomo, della sua grande capacità di rendersi artefice di disumanità, che non trovano aggettivi adeguati per essere descritte. Sofferenze che fanno gridare alla protagonista: “Ti ucciderò Dio, ti ucciderò!”
Sarà possibile credere nell’umanità dell’uomo? Di un uomo vicino all’uomo? Di un uomo fatto a immagine e somiglianza di un Dio buono? Bisogna avere speranza. Sì, ci sarà “un uomo vicino all’uomo, precorritore di un’alba luminosa e saremo gli architetti dell’immortalità. Scrivo per il mio popolo, scrivo per tutti i popoli, per tutti quelli che sono stati torturati, uccisi, umiliati. Scrivo per ognuno di noi. Scrivo perché l’aguzzino che è in tutti noi sia esiliato, al fine di costruire un mondo migliore.”

E, forse, il compito più pesante è esiliare quell’aguzzino che potenzialmente è in ognuno di noi. Il libro su tutto ciò non detta ricette, però fa riflettere, riflettere molto. Anche se la riflessione non è di moda. E, forse, è questo un motivo in più per far uso della ragione, perché il pensiero non sia considerato un reato. E non si cerchi di deportarlo!

Ondine Khayat
Le stanze di lavanda
Il romanzo di un’infanzia armena
Piemme 2009

Titolo originale: Lucine
Bernard Pascuito Èditeur 2007





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