domenica 21 ottobre 2007

Racconti brevi/I sogni del viandante

I sogni del viandante
di Giovanni Pistoia


I sogni dei bambini, come quelli degli adulti, non sono mai tanti, mai troppo piccoli, mai troppo grandi, sono sogni, e basta. Ma anche i sogni non durano per l’eternità, bisogna fare presto per realizzarli.
Questi gli strani pensieri che accompagnano il trasognato misterioso viandante, mentre va per città paesi e campagne sotto il carico di una pesante bisaccia.

Un giorno, in un’antica città, dove regnava, fino a qualche tempo fa, signore incontrastato, un vecchio saggio dalla memoria lunga, giunse il viandante, trasandato come al solito. In un angolo di quella città, davanti ad un incrocio dalle tante strade e dai tanti semafori, decise, per attraversare indenne quel labirinto, di utilizzare un soprapassaggio pedonale, che lì, da qualche buona anima, era stato collocato. Ma, ahimè, che triste esperienza! Quel lungo corridoio di ferro, chiuso da giganteschi cartelloni pubblicitari, altro non era che un deprimente spazio pericoloso. Rischioso, per mille motivi, soprattutto per i ragazzi, che per avventura avessero deciso di attraversarlo.
Eppure, da lì, da quel soprapassaggio, il luogo era davvero interessante: da una parte la città, che, dissero al viandante, fu patria di un acuto filosofo, dall’altra, quasi in contrapposizione all’antico, un centro moderno, con le radici nel futuro, che, ridissero al viandante, fu di una casata principesca, ancora regnante.
Sullo sfondo, dolci colline e, poi, vicinissima, un’antenna occhialuta, che tutto vede, e tutto sente, e tutto dovrebbe riferire. E, ancora, vicino ad un palazzo che racchiude tanta memoria, una grande recinzione con tanto di cartellone, che indicava che lì si stava costruendo una città, una città tutta nuova, “la città dei ragazzi”.
“Che bello deve essere la città dei ragazzi”, pensava, commosso e un po’ triste, il viandante. E, intanto, dietro i cartelloni e la recinzione, si potevano già intravedere misteriose costruzioni dai tanti colori.

Le automobili sgommavano sotto quel passaggio pedonale e i semafori schizofrenici sembravano scambiarsi innocenti dispetti: tu mi mostri il rosso ed io il verde e io, ancora, il giallo. Le macchine, ferme ed impazienti davanti al rosso imperioso, fremevano sotto l’attento sguardo del conducente, che all’apparire del verde si lanciava in una corsa perdifiato.
Sotto i semafori, tra gli incroci, bambine e bambini, senza nomi e senza colori, con mani nude o porgendo un verde sottovaso per piante ornamentali, chiedevano, con gli occhi più che con le parole, qualche lira. No, forse, qualche euro.
Dissero, poi, al viandante, che in tutti gli incroci e sotto tutti i semafori di quella bella città, di quella vicina, di quella lontana, di quella lontanissima, vi erano bambine e bambini a chiedere l’elemosina. In qualunque ora del giorno. Con il caldo e con il freddo, con il sole e la pioggia. Sempre. Senza fantasia. Con lo stesso atto ripetitivo: una mano tesa, e nulla più. Una vera moltitudine di ragazzine e ragazzini. Una, tante città dei ragazzi. Le mille città dei tanti bambini invisibili.

E passava, sotto quel cavalcavia, l’automobile con dentro il Ministro della Repubblica e, ancora, il Sottosegretario della Repubblica e, poi, ancora, il Deputato della Repubblica e, ancora, il Senatore della Repubblica e l’Assessore della Regione e il Consigliere della Regione e il Consigliere della Provincia, il Consigliere comunale, il Consigliere della Circoscrizione, il Consigliere della Comunità Montana…
Scorrevano, davanti a quei bimbi, le auto con i Sindaci dentro, gli Assessori ai servizi sociali dentro, le assistenti sociali dentro, i funzionari della Prefettura dentro, i Convegnisti esperti di violenze sui minori dentro. Transitavano, sotto quel soprapassaggio, le macchine blu notte e, poi, quelle celeste come il cielo quando il cielo è celeste e, poi, ancora, quelle verdi fiammanti e, poi, ancora altre e altre ancora.
“Come sono importanti i semafori, e cosa penseranno quelle bambine e quei bambini sempre vicinissimi a tante autorità, quando il semaforo segna rosso!”: il viandante si rese subito conto, però, che non c’era proprio tempo per pensare, perché era proprio all’apparire del rosso che la mano tesa del bambino, che nessuno vedeva, bussava al finestrino di un’auto, che attendeva il verde della libertà.

Ma un giorno il saggio Sindaco di quella città scomparve improvvisamente. Scomparvero anche i suoi collaboratori più stretti. I cittadini chiesero aiuto alle forze di polizia. Invano: non erano rintracciabili neanche i loro capi. Le autorità tutte, scomparse. Tutti furono in allarme. La voce, un tam-tam angosciante, fece il giro della città. Delle città. La sorpresa fu davvero grande quando si scoprì che non c’era ombra di autorità nell’intera provincia. La paura fu grande. Si temette davvero il peggio.
Cosa era mai successo? Calma, nessuna preoccupazione.
Era accaduto che tutti si erano ritrovati in un luogo segreto, in totale discrezione, per assumere, tutti insieme, una serena e davvero saggia decisione: da domani, si proclamò solennemente, nessuna bambina e nessun bambino, di nessun colore, sarà sotto i semafori a vendere la propria infanzia.
E così, pronunciata quella suprema volontà, i capi si salutarono e ognuno raggiunse la propria sede di servizio. Silenziosamente.

Qualche giorno dopo, il viandante, rassegnato ad attraversare le strade tumultuose pur di evitare quel brutto soprapassaggio, vide un balcone fiorito: era il vecchio passaggio pedonale. Ripulito, riverniciato con i colori delle colline in primavera, tolti i cartelloni pubblicitari, era diventato un immenso balcone di fiori, di verde, di profumi. Insomma, una balconata illuminata, una finestra gioiosa. Il viandante finalmente sorrise. Decise, così, di attraversare quegli incroci pericolosi guardandoli dall’alto del balcone in fiore.

E da lì lo spettacolo fu ancora più bello: le bambine e i bambini non c’erano più con le loro mani nude e i loro volti senza parole. Erano tutti, dissero al viandante, nelle scuole. A divertirsi, a imparare. Nelle scuole e anche in altri spazi, a fare, soprattutto, i bambini. A crescere, giocando, a inseguire gli aquiloni, i sogni. A perdersi nel volo di un gabbiano.

“Questa volta – pensò il viandante – un piccolo grande sogno è stato realizzato. Speriamo per sempre.”

Il viandante continua, ancora oggi, sornione, il suo cammino di sognatore. E ogni qualvolta un sogno è realizzato la sua pesante bisaccia diventa più leggera.

I sogni dei bambini, come quelli degli adulti, non sono mai tanti, mai troppo piccoli, mai troppo grandi, sono sogni, e basta. Ma anche i sogni non durano per l’eternità, bisogna fare presto per realizzarli.
(21 ottobre 2007)

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