domenica 21 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/Paura delle fiabe

Paura delle fiabe
di Giovanni Pistoia

“Posavo la testa/in grembo a mia nonna, /e la sua mano, con le vene in rilievo, /simile a una gialla foglia/autunnale di castagno, mi accarezzava. /Sapeva, mia nonna, /raccontare quelle fiabe/che riempiono gli occhi dei bambini/di un sonno profondo/come una notte stellata.”

Così, il poeta Nazim Hikmet canta la magia della sua infanzia, dondolata dal venticello delle fiabe. Ci sono, forse, meno nonne, mamme e papà disponibili a raccontare favole a figli e nipoti, ma è certo che i bambini hanno bisogno di sognare. Lo dimostrano i tanti libri “fantastici” letti (peccato che il gusto alla lettura diminuisce con gli anni scolastici!), il successo del “topo giornalista” Geronimo Stilton, le avventure di Harry Potter, l’eloquente e complesso successo di Walt Disney.

In alcuni testi scolastici delle elementari e medie, lo spazio dedicato ai racconti popolari, alle favole, alle fiabe è, a volte, tanto e ben curato. Ma il mondo della fantasia non è così semplice come potrebbe apparire. Un contributo notevole, per chi intende impegnarsi nel campo delle letture e della letteratura per l’infanzia e sull’infanzia, è dato dall’importantissimo saggio di Jack Zipes “Chi ha paura dei fratelli Grimm? Le fiabe e l’arte della sovversione”, pubblicato, dalla Mondadori nell’agosto del 2006.

Zipes è uno degli studiosi più attenti e originali tra gli esperti delle tematiche legate alle letture del mondo dell’infanzia. Lo dimostra quest’ultima ricerca, significativa per più motivi. Il primo è per il tipo di approccio: lo studioso tenta di impostare un discorso per una storia sociale del “genere fiaba”.
La fiaba è stata analizzata sotto vari aspetti: folcloristici, psicologici, psicoanalitici, pedagogici “ma non c’è nessuna storia della fiaba per bambini, in particolare nessuna storia sociale”. Eppure è essenziale “esaminare la fiaba come parte dell’intricato processo di civilizzazione nel mondo occidentale.”
Un secondo motivo è la capacità dell’autore di analizzare e di esporre, con limpidezza, i vari atteggiamenti assunti dalle fiabe, nel tempo, in rapporto al potere e alla società. Fiabe “conformiste”, “contraddittorie”, “ambivalenti”, “sovversive”. Altro motivo è il riconoscimento del ruolo che i favolisti italiani, Giovan Francesco Straparola e Giambattista Basile, hanno giocato nella nascita della fiaba letteraria in Europa e quello svolto da alcuni autori moderni (Rodari, Argilli, Pitzorno, Piumini) nell’innovare la fiabistica, nella speranza, a volte ben riuscita, di stimolare i bambini alla creatività, all’immaginazione, all’autonomia e, non sembri contraddittorio, alla razionalità, attrezzandoli a rileggere, in chiave critica, le fiabe classiche.

Per Zipes la fiaba continua ad esercitare un ruolo importante, non solo come intrattenimento, ma a un livello ben più profondo, “come alternativa sovversiva a un processo di civilizzazione che ha perso il suo contatto con l’umanità.”

In definitiva, alla fiaba è affidato, ancora una volta, un compito problematico e meraviglioso: recuperare l’umanità partendo dall’infanzia.
(21 ottobre 2007)

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